La situazione carente delle strade di molte città metropolitane d’Italia, oggi più che mai, non ammette repliche e giustificazioni. Percorrerle giornalmente equivale, senza alcuna esagerazione, a compromettere la propria incolumità fisica.
La manutenzione stradale è un argomento evidentemente tecnico e ingegneristico, dunque non sempre si è capaci di comprendere se e come un intervento di questo tipo rispetti o meno degli standard o delle procedure. Abbiamo voluto quindi approfondire l’argomento affinchè il dibattito possa evolvere oltre la mera lamentela (assolutamente lecita) degli utenti.
Per fare questo abbiamo coinvolto due tecnici, ai quali abbiamo sottoposto domande e spunti di discussione: l’Ingegnere Giovanni Pagano, amministratore del laboratorio Autorizzato dal Ministero Infrastrutture e Trasporti Con.Geo, e l‘Ingegnere Salvo Volo, professionista e dottore di ricerca in Ingegneria delle infrastrutture viarie che oggi dirige la Volo Engineering.
Ciò che leggerete di seguito è la nostra sintesi semplificata di un’interlocuzione effettuata con entrambi i professionisti, ai quali va il nostro ringraziamento più sentito. Per semplificare vi proponiamo i principali temi con le relative spiegazioni, suddivisi per paragrafi. Vi invitiamo a leggerli se desiderate acquisire qualche conoscenza in più e quindi trarre le relative conclusioni.

I 4 strati del manto stradale
Quello che noi giornalmente calpestiamo e che banalmente chiamiamo asfalto, in realtà non è altro che l’ultimo di 4 strati di una struttura più profonda. Dal basso verso l’alto, questa stratificazione propone una qualità sempre maggiore dei materiali sino ad arrivare in superficie. Più in profondità troviamo il Sottofondo, materiale arido e inerte che va compattato secondo determinate norme e standard. Esso auspicabilmente dovrà raggiunge il livello di “compattazione “ottima” e costituire le fondamenta solide del manto stradale. Al di sopra di esso vengono stesi tre strati di conglomerato bituminoso (composto da bitume e inerti di varie pezzature e granulometria). Questi strati vengono denominati Base, Binder e Usura (o tappetino). Man mano che saliamo in superficie la quantità del conglomerato aumenta.
Composizione e messa in opera: precise caratteristiche e disposizioni
Nella lavorazione e applicazione d’intervento di questi due materiali (bitume e inerti) vanno, o almeno andrebbero, rispettate una serie di prescrizioni puntuali contenute nei capitolati d’appalto. Senza entrare in tecnicismi, nei capitolati vengono riportate con precisione le caratteristiche del bitume nei vari strati, la proporzione con gli inerti, come e quanto il bitume va rullato e così via. Facciamo un esempio: indicativamente il conglomerato bituminoso va steso a una temperatura di circa 140-180 gradi. Poi va rullato più volte (per semplificare “compattato”) affinchè raggiunga una percentuale di vuoti all’interno di questo impasto che rispetti le prescrizioni del capitolato. Specifichiamo che tali disposizioni sono essenziali per la migliore resa possibile del materiale nei contesti utilizzati soventemente (strade, autostrade, ecc.). Ci ritorneremo successivamente.
Chi controlla la qualità dell’intervento? L’esempio di ANAS

ANAS, l’ente che in Italia gestisce le strade statali e la maggior parte della autostrade siciliane e calabresi, stabilisce specifiche e costanti operazioni di controllo sui lavori di ripristino delle pavimentazione stradali. Semplificando anche qui, quando l’azienda “X” incaricata dei lavori termina di “asfaltare” un tratto di strada statale, ANAS incarica laboratori qualificati per verificare che le prescrizioni di cui prima siano state rispettate durante la messa in opera.
Proseguiamo con esempi pratici: da capitolato, il “tappetino” (ultimo strato del “manto stradale”) dovrà contenere circa il 5-6% di bitume in peso, mentre tutto il resto sarà composto da inerti. Se l’azienda incaricata della posa dovesse diminuire questa quantità, consapevolmente o inconsapevolmente, difficilmente nessuno se ne potrebbe accorgere, se non proprio i laboratori incaricati di effettuare i controlli di cui prima.
Dunque il controllo sui risultati finali è fondamentale. In assenza di essi, non si avrà mai contezza sui reali materiali utilizzati dall’azienda e sul suo stesso operato durante la messa in opera. Va da sè constatare che queste variabili determinano la bontà del lavoro e soprattutto la resa di quel manto stradale nel tempo. Il rifacimento stradale viene pagato “a spessore”: diminuire anche solo di mezzo centimetro lo spessore di uno strato rispetto alle previsioni, moltiplicato per migliaia di metri quadrati, equivale ad un risparmio veramente importante. Facile intuire come le aziende meno “virtuose”, in assenza di controlli, possano facilmente aumentare il proprio profitto venendo meno al rispetto di queste prescrizioni.
Deteroriamento dell’asfalto: ecco cosa e perchè succede
Adesso che è chiaro come specifiche indicazioni su materiali e tipologia di intervento dovrebbero garantire risultati ottimali, cerchiamo di capire perchè si creano buche e avvallamenti nelle nostre strade. Tiriamo in ballo nuovamente lo strato più profondo, il sottofondo: se questo strato di inerti, in fase di posa, non viene sufficientemente compattato a regola d’arte, tenderà ben presto a deformarsi con la pressione esercitata dai mezzi in superficie o per mano delle infiltrazioni dell’acqua. Questa deformazione, che potrà manifestarsi ad esempio sotto forma di crepe verticali, finirà inevitabilmente per compromettere gli strati superiori fino ad affiorare in superficie, creando fratture, buche e sconnessioni.Un altro caso: se non vengono rispettate le corrette proporzioni di bitume nel conglomerato di una strada, sotto l’azione dei mezzi e degli agenti atmosferici, la miscela bituminosa si impoverirà fino ad erodere tutto il bitume e lasciando per strada soltanto gli inerti. E’ questa la spiegazione del perchè spesso constatiamo la presenza di “pietrisco” sulle carreggiate.
Cavi, tubi e fibre: assenza di pianificazione
continui scavi per la posa o sostituzione di cavi, tubature, etc. ovviamente distrugge quella stratificazione ideale di cui abbiamo parlato. Alle volte in questi interventi si arriva a compromettere anche lo strato di sottofondo. In fase di ripristino quasi mai la compattazione avviene secondo le prescrizioni tecniche.
Nella maggior parte dei casi, la trincea scavata verrà richiusa attraverso materiale non meglio distinto sino a ricoprire il livello di superficie. Questa anomalia nella stratificazione finirà per compromettere abbastanza velocemente la tenuta dell’intero sedime stradale, generando nuovamente avvallamenti e fratture.
Va sottolineato che i continui rappezzi necessari a realizzare lavori sui sottoservizi sono la principale causa del cedimento della pavimentazione stradale, proprio perchè minano la solidità e l’integrità a partire dalle fondamenta.
Asfalto al metro cubo: quanto costa ripristinare una strada
Per completezza di informazione proviamo quindi a restituirvi un esempio di come si compone il computo economico per un intervento di ripristino del manto stradale. Per farlo ricorriamo al Prezziario Regionale e Commissione Regionale Lavori Pubblici della Regione Siciliana – anno 2024 (consultabile a questo link), riferimento di settore il quale suggerisce modalità, caratteristiche e costi relativamente ai materiali e alla loro messa in opera.
Riportiamo di seguito la voce relativa allo strato più profondo, il sottofondo:
SIC24_6.1.1 Fondazione stradale
Eseguita con tout-venant di cava, costituiti da materiali rispondenti alle norme CNR-UNI 10006, inclusi tutti i magisteri occorrenti per portarlo all’umidità ottima, nonché il costipamento fino a raggiungere il 95% della densità AASHO modificata, compreso altresì ogni altro onere per dare il lavoro completo ed eseguito a perfetta regola d’arte. Misurato a spessore finito dopo costipamento e per distanza dalle cave fino a 5 km. Per strade in ambito urbano € 41,16/mc
Come regola, ogni strato riceve precise indicazioni su percentuale di bitume, granulometria degli inerti e percentuale di vuoti nei vari strati. Questi tre parametri formano la colonna vertebrale di un conglomerato bituminoso.
Relativamente ai vuoti negli strati, è interessante sapere che tale valore viene determinato dal numero di rullaggi effettuati in sede di cantiere. In teoria, durante la posa, questo valore dovrebbe essere costantemente monitorato sino al suo raggiungimento. In caso di percentuale più alta ad esempio, le operazioni di rullaggio dovranno essere ripetute ulteriormente. Sorge spontaneo chiedersi se, in assenza di controlli, tutti gli operatori rispettino queste tempistiche più lunghe laddove necessarie o si limitino ad effettuare soltanto parte dei rullaggi richiesti. Un cattivo rullaggio in tal senso determinerà una resa più scadente della pavimentazione stradale.
Deterioramenti e casi famosi
Spesso le buche vengono rattoppate superficialmente con lo sversamento di un sacco di asfalto freddo. Tale materiale mantiene la sua viscosità senza necessità di essere surriscaldato. Senza la necessaria attività di compattamento e rullaggio, l’intervento risulterà effimero e la buca si riformerà molto rapidamente. Facile riconoscere questo caso: il colore dell’asfalto freddo risulterà molto più scuro.

Malta cementizia che viene posta lungo la trincea di uno scavo e segnala la presenza di un cavo al di sotto dello stesso. Serve a prevenire tranci e incidenti in scavi successivi.

Effetto molto diffuso, consiste in un insieme di lesioni interconnesse, visibili nello strato d’usura, che nel tempo si evolvono in forme poligonali; il fenomeno delle fessure, in mancanza di idonei trattamenti da eseguirsi nelle prime manifestazioni si evolve rapidamente dando origine alle ormaie e alle ben note buche stradali.

L’esposizione al calore, soprattutto alle nostre latitudini, consente al conglomerato bituminoso di riscaldarsi e riacquisire la capacità elastica. Se il conglomerato non è stato compattato ad arte, la presenza di vuoti eccessivi al suo interno consentirà al materiale di cambiare forma, di plasmarsi ulteriormente sotto la pressione dei veicoli, generando il classico effetto ondulato.

Spesso i tombini costituiscono degli autentici salti nel vuoto. Questo avviene solitamente quando la strada non è stata scarificata correttamente, ovvero non è stato rimosso il corretto spessore di asfalto vecchio. In assenza di controlli, non è possibile verificare ad esempio quanti centimetri di “tappetino” sono stati rimossi prima di posare il nuovo conglomerato. Lo scarto tra i tombini e il livello stradale sarà destinato a crescere.
Vi sarà capitato di scorgere questa pietra antica al di sotto dell’asfalto ammalorato. Di regola andrebbe rimosso per ripristinare la struttura stradale fin qui documentata. I costi di rimozione del san pietrino sono tuttavia molto elevati e le amministrazioni preferiscono ricoprirlo con il bitume per motivi economici. Chiaramente, per i motivi tecnici di cui sopra, la strada si ammalorerà molto più velocemente per l’assenza degli strati sottostanti previsti dai capitolati.